Non vorrei essere frainteso dai lettori: non sono diffidente né contro la tecnologia, anzi, lavoro nel web e passo molte ore al giorno online.
Per questo motivo, mi sento in dovere di evidenziare alcune realtà o pericoli presenti su Internet.
Oggi voglio parlare della consapevolezza che un minore può avere nel pubblicare la propria immagine, ad esempio nei video sui social. Vedo spesso ragazze delle scuole medie che condividono foto su WhatsApp o nelle storie, magari con una mano sul volto. Anche se queste immagini possono essere viste solo da chi è presente in rubrica (se l’impostazione della privacy è attiva), lo scenario cambia se hanno un canale WhatsApp. Per chi non lo sapesse, da qualche tempo WhatsApp ha introdotto la funzione “Canali”, che consente di pubblicare contenuti visibili solo agli iscritti. Queste ragazze a volte presentano outfit o cantano canzoni, senza rendersi conto che basta un attimo per scaricare quel video e perderne completamente il controllo.
Quando parlo di consapevolezza dell’immagine, mi riferisco anche alla conoscenza minima delle funzioni di un’app o dei paradigmi basilari della navigazione web e dell’uso delle applicazioni.
È importante ricordare che, se un minore ha installato un parental control, tutte le app presenti sul telefono sono state approvate dal genitore. Quindi, anche il genitore deve avere ben chiaro quale strumento sta mettendo a disposizione del proprio figlio.
Dal punto di vista informatico, è fondamentale anche sottolineare che l’immagine condivisa online non è solo una questione di visualizzazione pubblica o privata, ma riguarda anche la sicurezza dei dati.
Le foto e i video caricati sui social possono essere raccolti e utilizzati da terzi per finalità commerciali, e in alcuni casi, persino per scopi malevoli come il furto d’identità. Le piattaforme stesse spesso traggono vantaggio da questi contenuti, utilizzandoli per personalizzare la pubblicità o per alimentare i loro algoritmi. Un altro aspetto critico è come questi algoritmi incentivino la viralità di contenuti personali, spingendo i giovani a pubblicare sempre più dettagli della propria vita senza comprendere appieno le implicazioni. È quindi importante capire il potenziale impatto di ciò che viene condiviso, soprattutto quando non è più sotto il controllo dell’utente.
Inoltre, le piattaforme social hanno una responsabilità significativa nella protezione dei minori.
Anche se ci sono linee guida e regolamenti, la loro applicazione può essere insufficiente, e troppo spesso i minori riescono a eludere i controlli. È cruciale che le aziende tecnologiche sviluppino meccanismi più efficaci per monitorare e limitare l’accesso dei giovani a determinati contenuti o funzionalità pericolose, oltre a promuovere un uso consapevole e responsabile delle loro piattaforme.
Detto questo, vorrei concentrarmi sulle live di TikTok. Per “live” si intende una trasmissione in diretta a cui possono partecipare un numero illimitato di persone, le quali possono commentare, esprimere un gradimento, oppure ricondividere la diretta sul proprio profilo e invitare amici a unirsi.
Da un punto di vista psicologico, è necessario riflettere sull’impatto emotivo e mentale che la sovraesposizione sui social può avere sui minori.
Il continuo bisogno di condividere la propria immagine e le proprie esperienze in tempo reale può influenzare negativamente lo sviluppo dell’autostima e della propria identità. I ragazzi, in particolare, possono cominciare a confondere la realtà con l’immagine di sé che proiettano online, cercando sempre di adeguarsi agli standard imposti dai social, spesso irraggiungibili. Questo porta a una dipendenza dall’approvazione degli altri, misurata in termini di like, commenti e visualizzazioni, il che può sfociare in ansia sociale o problemi legati alla percezione del proprio valore.
Un altro aspetto cruciale è il rischio che i giovani non comprendano appieno la durata e l’impatto a lungo termine delle loro azioni online. Le live, in particolare, possono sembrare momenti effimeri, ma in realtà possono essere registrate, ricondivise e manipolate da altri utenti, esponendo i ragazzi a rischi come il cyberbullismo. Questo crea una pressione sociale invisibile che può portare a comportamenti dannosi sia per il minore che per la sua rete di relazioni.
Invito tutti voi che avete TikTok a fare delle prove di collegamento durante l’orario scolastico: troverete decine di ragazzi in diretta dalla propria classe, con decine o addirittura centinaia di persone connesse a guardarli.
A volte è facile intuire il clima di confusione che regna in classe, una situazione davvero incredibile.
Un altro problema che non va sottovalutato è il ruolo del genitore.
Come accennato, molte app richiedono il consenso dei genitori, ma non sempre questo avviene con consapevolezza. I genitori devono essere pienamente coscienti degli strumenti che mettono a disposizione dei figli e devono comprendere come questi strumenti possono influenzare la loro vita sociale e psichica. Non si tratta solo di autorizzare o meno l’installazione di un’app, ma di accompagnare i ragazzi nell’uso delle tecnologie digitali in modo informato e consapevole.
Ho salvato alcune di queste dirette (ovviamente con i volti dei minori oscurati), ma vi invito a cercare personalmente queste live durante l’orario scolastico per rendervi conto della gravità del fenomeno.